
Lo aveva promesso e lo ha fatto. Una volta salito alla Casa Bianca, Donald Trump ha emesso un’ordinanza esecutiva, un decreto emanato dal presidente con applicazione immediata, che congela i flussi di migranti negli Usa. Il presidente americano continua a stringere le maglie e con il nuovo ordine esecutivo da un lato blocca per quattro mesi il programma dei rifugiati, impedendo di fatto l’accesso dei rifugiati in Usa; dall’altro sospende per tre mesi gli ingressi dei cittadini provenienti da sette paesi musulmani, e quindi a rischio terrorismo, anche se in possesso di regolare permesso di soggiorno: si tratta di Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen.
C’era da aspettarselo, in quanto l’ordine esecutivo firmato Trump altro non è che la realizzazione di una delle promesse più note fatte da lui stesso durante la campagna elettorale: quella di vietare appunto l’ingresso negli Stati Uniti ai fedeli di religione islamica. Immediato il caos generale che vede primi ministri, scrittori e intellettuali protestare contro la decisione del presidente Trump.
Intanto un giudice federale ha bloccato parte del contestato divieto. Ann M. Donnelly, del tribunale del distretto federale di Brooklyn, a New York, ha emesso un’ordinanza di emergenza che blocca i rimpatri forzati. Cioè impedisce temporaneamente agli Stati Uniti di espellere i rifugiati che provengono dai sette paesi a maggioranza islamica e stabilisce che i rifugiati, o altre persone interessate dalla misura e che sono arrivate negli aeroporti statunitensi, non possano essere espulsi. La giudice Donnelly, però, annulla solo una parte del provvedimento esecutivo del presidente: non stabilisce se le persone interessate debbano essere ammesse negli Stati Uniti o no, né si pronuncia sulla Costituzionalità della misura. Al riguardo fissa una nuova udienza per il 21 febbraio, in modo da poter tornare ad affrontare la questione.